Il calcio secondo Pasolini by Curcio Valerio

Il calcio secondo Pasolini by Curcio Valerio

autore:Curcio, Valerio [Curcio, Valerio]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il calcio dei “puri”

Negli anni Sessanta, la costante ricerca dell’ingenuità e della purezza che aveva scoperto nelle borgate romane del dopoguerra lo portò a spingersi anche in altri luoghi e altri paesi. Il miracolo economico, l’affacciarsi della civiltà del consumismo e la penetrazione invasiva della televisione nelle case stavano inquinando anche le sue periferie, le zone franche in cui l’umanità si esprimeva in tutta la sua sincera crudezza e povertà.

Pasolini iniziò a guardare altrove. Nella prima metà del decennio viaggiò in India e in Nord Africa. Nel 1963 scrisse la sceneggiatura di un film, Il padre selvaggio, che poi non realizzò. È la storia di un brillante insegnante europeo che, dalla cattedra di una scuola dell’Africa subsahariana, cerca di guidare i propri studenti verso un percorso di auto-coscienza e di liberazione dai retaggi del colonialismo economico e culturale. Un pedagogo la cui missione non è tanto quella di insegnare nozioni, ma quella di trasmettere un modo di pensare critico e indipendente: i riferimenti autobiografici al periodo dell’insegnamento, dal Friuli a Ciampino, non sono certo velati. La sceneggiatura si apre con un frammento di calcio di strada:

Strada scuola Kado. Esterno giorno.

Attraverso uno spiazzo di capanne, di mogani, l’insegnante arriva alla scuola. È il primo giorno. Tremore, voce interna che parla, ecc. Sente delle grida: «Fratello, fratello!». È così che si chiamano i ragazzi giocando a pallone in un prato funebremente rosa davanti alle baracche della scuola. L’insegnante sta ad ascoltare quei ragazzi che giocando con goffagine di contadini, si chiedono il pallone gridandosi: «Fratello, fratello!»12.

Ma il calcio dei puri si può ancora rintracciare anche in Italia: a Napoli, in quella città che per lui appare di fatto resiliente all’inquinamento sociale e culturale innescato dal “progresso”. Nel 1975, attraverso le pagine del quotidiano «Il Mondo», scrisse un dialogo con Gennariello, un immaginario ragazzino napoletano. Pasolini costruì l’interlocutore secondo i suoi canoni estetici:

Non mi dispiacerebbe che tu fossi anche un po’ sportivo, e che quindi fossi stretto di fianchi e solido di gamba (quanto allo sport, preferirei che tu amassi il pallone, così ogni tanto potremmo fare qualche partitella insieme). E tutto questo – tutto questo che riguarda il tuo corpo, sia ben chiaro – non ha, nel tuo caso, nessun fine pratico e interessato: è una pura esigenza estetica, un di più che mi mette meglio a mio agio13.

Negli anni Sessanta e ancor più nei Settanta la Roma delle sue periferie stava svanendo. O meglio, resisteva, ma stavano cambiando i suoi abitanti. Un processo irreversibile iniziava a trasformare il proletariato urbano d’Italia e della sua capitale. Da qui il nuovo interesse per Napoli e l’Africa: scelte letterarie che sarebbero potute diventare anche scelte di vita. Ninetto Davoli, in un’intervista del 2007, ebbe a dire: «Con Pier Paolo ce lo dicevamo sempre: andiamo in Marocco. Ci sono certi posti lì… Ci trovi ancora la verità della vita. Un giorno ci saremmo andati. Se Paolo fosse ancora vivo sarebbe lì»14.



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